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domenica 21 ottobre 2012

RECENSIONE: "UNA CASA PERFETTA"

"Una casa perfetta" di Ben H. Winter:

Susan e Alex non hanno dubbi: è la casa perfetta. In quel quartiere e a quel prezzo, non potrebbero trovare di meglio. E c’è persino una stanzetta in più – non segnalata nell’annuncio –, ideale per le esigenze di Susan, che ha deciso di lasciare il lavoro per dedicarsi a tempo pieno alla figlia, la piccola Emma, e alla sua grande passione, la pittura. Inoltre la signora Scharfstein, la padrona di casa che abita al pianoterra, sembra proprio una simpatica e disponibile vecchietta. Ma, ben presto cominciano ad accadere cose strane, che turbano la quiete domestica: nel suo studio, Susan sente un odore sgradevole, che nessun altro percepisce. Poi,
COVER ORIGINALE
una mattina, nota che la federa del suo cuscino è sporca di sangue e che il suo corpo è costellato da quelli che sembrano i morsi di qualche insetto. Tuttavia né la figlia né il marito hanno quei segni. Per non correre rischi, Susan chiama una ditta di disinfestazione, che però non trova nulla. Sembra una follia, eppure lei è convinta che la casa brulichi d’insetti: sono lì, annidati da qualche parte, non c’è altra spiegazione. Mentre la signora Scharfstein diventa sempre più invadente e il marito preoccupato, Susan capisce di dover dimostrare a tutti che non è paranoica. Altrimenti potrebbe rischiare di perdere non soltanto quell’appartamento, ma anche la sua famiglia.
Considerato dalla critica il degno erede di Rosemary’s Baby e dei classici della suspense psicologica, Una casa perfetta è un thriller in cui il labile confine tra realtà e immaginazione diventa un luogo oscuro e molto pericoloso…

Cosa penso:
“[…] C’è un’altra specie, una specie ombra, una cimice peggiore delle cimici. […]
Questa specie d’ombra è imparentata con la Cimice Lectularius, come l’uomo con lo scimpanzé… o, più precisamente, come sono imparentati uomini o angeli. O uomini e diavoli.
Non sono uno scienziato e non so dare alla specie d’ombra il suo nome. […]
Io le chiamo cimici del diavolo”…
La casa perfetta è il sogno di sempre di Susan, sposata da qualche anno con Alex e madre di una bellissima bambina di tre anni, Emma, un sogno che si fa realtà nel momento in cui visitano una graziosa casetta che sembri fare proprio a caso loro.
Più stanze, una cucina spaziosa per gli esperimenti culinari di Alex, un salone luminoso, una stanza più grande per la piccola Emma e una stanza bonus, non presente nell’annuncio, che sembri soddisfare le esigenze di Susan.
Anche la padrona di casa, la signora Scharfestein, che abita al piano di sotto, sembrerebbe una persona affabile e disponibile.
Così, entro pochi mesi, Susan e la sua famiglia si trasferiscono nella nuova casa, ma ben presto l’idillio iniziale viene interrotto e Susan scopre che la sua casa non è poi così perfetta
La sua vena artistica tarda a tornare, l’insonnia si fa sempre più pesante e come se non bastasse, Susan inizia a fare dei sogni inquietanti dove sciami e sciami di cimici le camminano addosso mordendola in tutto il corpo.
E sarà solo quando una mattina Susan si ritroverà il corpo costellato da morsi di insetto che capirà che c’è qualcosa che non va… né in lei, né in quella casa
.
“Le cimici dei letti si nascondono sotto i materassi e negli angoli degli stipiti: le cimici del diavolo si occultano nelle fenditure della storia umana, negli istanti tra i secondi, nelle sinapsi tra i pensieri. Quando le cimici dei letti si aggrappano a noi, si cibano di sangue per dieci minuti e poi se ne vanno; le cimici del diavolo non si nutrono solo di sangue, ma di corpo e anima. E quando si aggrappano, banchettano per l’eternità.”
Dunque, “Una casa perfetta” è stato un libro che ho letto nel giro di ventiquattro ore ma che prima di recensirlo ho dovuto prendermi il mio tempo tirandomela così per una settimana.
Perché?
Sinceramente non lo so.
È stata una lettura piacevole e scorrevole e alla fine anche coinvolgente, ma…
Ecco è stata solo una lettura, niente di che.
Un libro pieno di parole ma privo di contenuti… be’ non sempre.
Ci sono stati dei momenti davvero coinvolgenti soprattutto alla fine, dove le ultime pagine le ho letteralmente divorate… ma fino ad allora, sebbene il libro si leggesse con ritmi incalzanti, non è stato niente di che.
Mi aspettavo molto di più, e le mie aspettative sono rimasta deluse.
Non so se questo sia il primo romanzo di Ben H. Winters, ma la sua scrittura l’ho trovata vuota, sterile, poco coinvolgente, come se avesse ancora tanta strada da fare, facendo notare sì una sorta di talento ma che ancora deve essere coltivato. Il potenziale c’è, questo sì, e viene dimostrato ampiamente alla fine come se nell’autore fosse stato infuso una sorta di fiducia in se stesso permettendo così un salto di qualità nella trama.
Ma non prima.
E non so se è stata una cosa voluta o il risultato di una narrazione mediocre, ma ho trovato veramente insopportabile e snervante la protagonista di questo romanzo, Susan, sebbene lei sia anche la “vittima” della sua storia e quindi il lettore dovrebbe trovarsi a patteggiare con lei, e invece no.
Susan mi è sembrata: paranoica alla follia – e questo in fondo lo posso capire visto che la sua paranoia è qualcosa di voluto da chi giostra i fili di questo perfido gioco -; insicura ed estremamente egoista… vedi la sua decisione di lasciare una carriera brillante di avvocato per dedicarsi alla sua passione di sempre, la pittura, scaricando così tutto l’onere economico sulle spalle del marito e pretendendo anche che trasolochino in un nuovo appartamento più costoso del primo, tutto questo perché vuole tornare a dipingere… cosa che non farà talaltro; una madre non tanto presente che si affida alla babysitter anche quando ha a disposizione tutto il tempo del mondo da dedicare alla figlia, visto che sta sempre a casa attendendo la “sua vena artistica” che tarda ad arrivare.
Insomma, se non all’ultimo, quasi, quasi patteggiavo con le “cimici” (dico cimici per non svelarvi parti salienti della trama) sperando tanto che se la sbranassero viva.
“Una casa perfetta” è incentrata unicamente sul personaggio di Susan, lasciando in ombra il resto dei personaggi che di conseguenza ho trovato poco caratterizzati e quindi impersonali, anch’essi sterili.
E quando rileggendo la quarta di copertina sono arrivata al punto in cui è stato scritto:
“Considerato dalla critica il degno erede di Rosemary’s Baby…”, be’, io non ho mai letto questo romanzo, né tanto meno ho visto il film, ma ne ho sentito parlare parecchio e in maniera entusiasta, penso che questi critici si siano fumati qualcosa.
Non si può paragonare il romanzo di Winters con il capolavoro di Ira Levin, il paragone non regge, ed è fuorviante.

Alla fine il libro se l’è cavata con una sufficienza.
Tre stelle e mezzo è un buon giudizio… insomma un romanzo senza infamia e senza lode.
L’ho consiglio a chi ha voglia di un po’ di suspance, a chi non ha troppe pretese, a chi romanzi di questo genere, i thriller psicologici, non ne ha mai letti, ha chi ha uno spazio vuoto da colmare nell’attesa di un buon libro.
Ma penso che non potrebbe piacere a chi è abituato a nomi più grandi, del calibro di Stephen King o della stessa Ira Levin, visto che è stato chiamato in causa il suo romanzo, perché se vi aspettiate di leggere un romanzo che possa uguagliare o semplicemente sfiorare quelli del Re, allora ne rimarrete veramente delusi.

L'ho letto il... 13 Febbraio 2012
GIUDIZIO: 1/2

2 commenti:

  1. Aspettavo questa tua recensione e sono contenta che mi abbia un pò fatto calare le aspettative verso questo romanzo, in questo modo eviterò di rimanere troppo delusa! Ti faccio sapere cosa ne penso appena l'avrò letto (perché devo ammettere la curiosità rimane)! :)

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    Risposte
    1. Sara fai bene a leggerlo, dopo tutto il mio è solo un parere, qualcosa di puramente soggettivo.
      Come ho detto il libro si legge facilmente e non nego che ti mette addosso fretta di continuare a leggere gli eventi e in certi momenti anche molta suspance.

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